Carne in scatola: il cibo confezionato che ha cambiato il mondo

Carne in scatola: il cibo confezionato che ha cambiato il mondo

Questo è un giorno importante. Sì, perché nella puntata n.13 dello ZACMI Worldwide Tour andiamo in Polonia a installare una riempitrice a valvola verticale e un’aggraffatrice per un’importantissima azienda che si occupa di carne in scatola.

Come ormai saprete attraverso questi articoli cerchiamo di mettere in luce due aspetti fondamentali del nostro lavoro: l’assistenza in loco che ZACMI garantisce alle aziende (attraverso installazioni, primi avvii, manutenzioni straordinarie, risoluzione di problemi e formazione del personale) e l’importanza che i prodotti lavorati dai nostri macchinari hanno nella cultura alimentare della nostra epoca.

Oggi, a farla da padrone, come abbiamo detto, è la carne in scatola, alimento che nasconde una storia interessantissima, infarcita di peculiarità talmente interessanti da essere entrata persino a far parte della cultura popolare.

Ne parliamo subito: mettiti comodo, che iniziamo!

Riempire latte per la carne in scatola? Ci pensa ZACMI


Siamo partiti dall’Italia dopo aver inviato in Polonia due dei nostri migliori macchinari, una riempitrice a valvola verticale, prodotto eclettico, in grado di riempire differenti tipologie di articoli, dai liquidi ai viscosi, con o senza pezzi, passando per zuppe, puree, patè, petfood, condimenti, salse e, appunto, carne in scatola – e l’aggraffatrice, il cui modello completamente rivisto è stato lanciato sul mercato a fine 2024.

I nostri tecnici hanno proceduto all’installazione e al primo avvio, rendendo immediatamente operativa la linea di produzione.
Per ZACMI è un passo molto importante, perché mostra come l’azienda entri con forza anche nel mercato della carne in scatola grazie ai propri macchinari, da sempre considerati robusti, affidabili e particolarmente versatili, ma adesso anche capaci di farsi preferire rispetto a soluzioni più specifiche.

Ma cosa sappiamo della carne in scatola? Perché è un mercato così importante, a livello mondiale, e quali sono le origini di questo prodotto che, letteralmente, ha cambiato la storia dell’umanità?

Carne in scatola: i numeri del mercato


Bisogna dire che, dal 2000 a oggi, la produzione globale di carne ha raggiunto i 357 milioni di tonnellate, con un aumento del 53% rispetto al ventennio precedente.

Il mercato globale degli alimenti in scatola, invece, valeva circa 102,72 miliardi di dollari nel 2018, e si prevede che raggiungerà un valore di 124,8 miliardi di dollari entro il 2026.
Inoltre si prevede che il mercato della carne in scatola registrerà un CAGR (tasso di crescita annuale composto) dell’8,5% dal 2023 al 2031.

I maggiori consumatori di carne sono Stati Uniti, Cina e Europa.
Bisogna chiarire però un aspetto importante.
Negli ultimi anni, il consumo di carne in scatola ha subito diverse evoluzioni, influenzate da fattori economici, tendenze alimentari e cambiamenti nelle abitudini dei consumatori.

A livello globale, il consumo medio di carne pro capite è quasi raddoppiato tra il 1961 e il 2014, passando da circa 23 kg all’anno a 43 kg (con gli Stati Uniti in testa a questa particolare classifica con ben 99 kg). Tuttavia, mentre nei paesi emergenti e a reddito medio, come la Cina, si registra un forte aumento del consumo, soprattutto per quanto riguarda pollame e suini, nei paesi più sviluppati la crescita è rallentata, riflettendo anche una maggiore sensibilità verso le tematiche ambientali e il benessere animale.

Ma come siamo arrivati alla carne in scatola? Andiamo a scoprire la storia del confezionamento degli alimenti.

Conservazione ermetica: una svolta storica


L’inscatolamento degli alimenti risale al 1812 grazie agli studi di Nicolas Appert (1749-1841). Fu lui a inventare il metodo di conservazione ermetica.

Appert era un pasticcere che, dopo anni di sperimentazione, presentò, per la prima volta, la sua invenzione al governo francese nel 1810. Gli fu data la possibilità di scegliere tra un brevetto o un premio di 12.000 franchi e, forse con poca lungimiranza vista l’importanza strategica che assunse questa modalità di conservazione del cibo, soprattutto in ambito bellico, scelse il premio.

Quello stesso anno pubblicò “L’Art de conserver les substances animales et végétales”, che fu il primo libro di cucina sul moderno metodo di conservazione degli alimenti tramite bottiglie a chiusura ermetica.
In seguito riempì le bottiglie con un’ampia varietà di alimenti, tra cui carne, pollame, uova, latte e piatti pronti. Per fare ciò, toglieva l’aria e chiudeva ermeticamente la bottiglia con un tappo, avvolgeva la bottiglia in una tela e poi la immergeva in acqua bollente fino a quando il cibo non era cotto.

La “Casa di Appert” divenne la prima fabbrica di alimenti in vasi di vetro al mondo. 

L’importanza del cibo in scatola in ambito bellico


Come abbiamo anticipato, la carne in scatola ha avuto un ruolo significativo nelle operazioni militari storiche, fornendo un metodo pratico e duraturo per nutrire le truppe in vari conflitti. In particolare il procedimento di Appert divenne strategicamente importantissimo durante le campagne militari napoleoniche, garantendo un approvvigionamento più facile alle truppe.

Napoleone comprese che un esercito in grado di muoversi rapidamente, dotato di scorte di cibo sufficienti e non costretto a spogliare i contadini, poteva operare in modo molto più efficace. Per affrontare il problema della conservazione degli alimenti, il governo francese offrì 12.000 franchi a chiunque fosse riuscito a trovare una tecnica per prolungare la conservazione degli alimenti.

Fu così che Appert mise a punto una tecnica di conservazione in scatola che consisteva nel rimuovere l’aria dai contenitori degli alimenti e poi immergerli in acqua bollente per farli bollire a temperature variabili a seconda del contenuto. Questo metodo, noto come “appertizzazione”, consentiva di conservare gli alimenti per un periodo più lungo, rendendoli adatti al consumo durante le campagne militari.

Napoleone approvò il sistema di Appert e autorizzò la sua implementazione per l’apparato militare preposto al sostentamento. Appert fornì la Grande Armée fino al 1814, quando la sua fabbrica fu incendiata dai soldati che invasero il paese dopo aver sconfitto Napoleone.

Durante la guerra di Crimea (1854-1855), i soldati piemontesi consumarono carne di manzo in scatola prodotta dalla ditta di Giuseppe Lancia.

L’industria di conservazione degli alimenti in scatola conobbe, poi, un notevole aumento della produzione destinata agli eserciti durante la prima guerra mondiale. Gli stabilimenti militari produssero circa 173 milioni di scatolette e altri 62 milioni furono immessi sul mercato dall’industria privata.

Durante la seconda guerra mondiale, la carne in scatola, in particolare lo Spam (abbreviazione di spiced ham, di cui parleremo tra pochissimo), divenne un alimento base per le truppe statunitensi in Europa. L’efficienza dell’organizzazione logistica americana permise ai soldati al fronte di ricevere rapidamente rifornimenti, posta e generi di conforto dalle loro famiglie.

Bastano questi pochi dati e aneddoti per comprendere come l’invenzione di Appert, poi sviluppata e migliorata, sia stata fondamentale anzitutto in ambito bellico, per poi diffondersi anche a livello civile diventando un vero e proprio fenomeno culturale.

Spam: dalla carne in scatola alla posta indesiderata


Lo SPAM, come abbiamo detto, è una celebre carne in scatola prodotta dalla Hormel Foods Corporation dal 1937 ed è sicuramente uno degli alimenti inscatolati più famosi al mondo.
La sua è una storia curiosa che l’ha portato a essere legato, in modo del tutto inaspettato, al termine che oggi usiamo per indicare la posta indesiderata.

Tutto ha inizio con il nome stesso: SPAM è l’abbreviazione di “spiced ham” (prosciutto speziato) e fu creato per incentivare le vendite della spalla di maiale, un taglio poco richiesto. Il prodotto divenne particolarmente popolare durante la Seconda Guerra Mondiale, quando le truppe statunitensi lo consumavano in grandi quantità per la sua lunga conservazione, il basso costo e l’elevato apporto nutrizionale. Si stima che oltre 100 milioni di lattine siano state inviate nel Pacifico durante il conflitto.

La connessione tra la carne in scatola e la posta indesiderata, però, nasce negli anni ’70 grazie ai Monty Python, un gruppo comico britannico formatosi negli anni ’60, noto per il loro umorismo surreale e satirico. In uno dei loro celebri sketch, ambientato in una tavola calda, ogni piatto del menu conteneva carne SPAM, e la parola veniva ripetuta ossessivamente, talmente di frequente da diventare particolarmente fastidiosa. Il concetto di SPAM come qualcosa di onnipresente e indesiderato fece così breccia nell’immaginario collettivo.

Negli anni ’90, gli appassionati di informatica, molti dei quali fan dei Monty Python, iniziarono a usare il termine “spam” per indicare messaggi ripetitivi e fastidiosi, come le catene di Sant’Antonio e le pubblicità non richieste che intasavano forum e chat.

Il collegamento divenne ancora più evidente nel 1994, quando due avvocati di Phoenix inviarono un messaggio promozionale a migliaia di utenti di USENET. L’azione suscitò un’ondata di proteste, e gli utenti iniziarono a definire quei messaggi “spam”, richiamando lo sketch comico e il suo senso di invadenza.

Così, un prodotto nato per essere un’alternativa economica alla carne fresca finì per dare il nome a uno dei fenomeni digitali più odiati di sempre. Com’è curiosa, a volte, l’evoluzione culturale di un concetto!

Martelli, scalpelli, chiavi e apriscatole


C’è ancora un aneddoto che non possiamo tralasciare, trattando degli alimenti in scatola e, in particolare, della carne conservata ermeticamente dentro alle lattine.

Dovete sapere che, sebbene le lattine metalliche siano state inventate intorno al 1810 (da Appert, appunto), per i successivi 50 anni circa, aprirle era molto difficile perché erano costituite di metallo spesso. I soldati si dovevano servire perciò di martelli e scalpelli.

Nel 1855, Robert Yates, un produttore inglese di posate e strumenti chirurgici del Middlesex, brevettò il primo apriscatole della storia.

Il suo modello, un apriscatole a leva con lama da taglio fissa e vincolo, è ancora oggi utilizzato e nel tempo è stato declinato in numerosissime varianti. Si trattava di un design robusto ed efficace, caratterizzato da un manico diritto con impugnatura in metallo, una corta lama ricurva e una barra di leva.

Nel 1858, Ezra J. Warner, un droghiere di Waterbury, nel Connecticut, brevettò il primo apriscatole statunitense. L’apriscatole di Warner aveva un lungo manico curvo, una lunga lama a baionetta e un pattino intercambiabile.
Fu utilizzato dall’esercito unionista durante la guerra civile americana (1861-1865). Tuttavia, non era sicuro per uso domestico e la sua produzione fu interrotta. L’apertura era così difficile e pericolosa che Warner vendeva le conserve e le apriva ai clienti nel suo negozio.

Nel 1865 fu progettato un apriscatole per uso domestico chiamato “apriscatole a testa di toro“.
Era fatto di ghisa e aveva un design simile all’apriscatole di Yeates, ma con una forma più artistica. Questo apriscatole veniva fornito con lattine di carne salata chiamata “bully beef”. La produzione del design a testa di toro continuò fino agli anni ’30 e fu persino proposto un design con una testa di pesce.

Nel luglio 1870, William Lyman di Meriden, nel Connecticut, brevettò il primo apriscatole a ruota rotante. Il suo design prevedeva, per l’appunto, una ruota che poteva essere ruotata per tagliare il coperchio di una lattina. Questo design divenne più popolare e diffuso del precedente a testa di toro.

Nel 1931, la Star Can Opener Company di San Francisco, California, commercializzò il primo apriscatole elettrico, invenzione che rese gli alimenti in scatola esponenzialmente più diffusi e utilizzati anche a livello civile, grazie a una migliorata efficienza e velocità e al ridottissimo rischio di infortuni e lesioni.

A portare a un livello successivo l’evoluzione degli alimenti confezionati in scatola, ci furono poi le latte dotate di chiave, progettate per offrire un metodo di apertura più semplice rispetto all’uso di strumenti esterni come gli apriscatole tradizionali.

Il meccanismo di apertura si basava su una linguetta situata lungo il bordo della scatola, vicino alla parte superiore. Nei punti in cui la linguetta si collega al bordo, erano presenti due tacche che fungevano da punto di partenza per lo strappo. Da qui, due incisioni parallele correvano lungo tutto il perimetro esterno del contenitore, permettendo di rimuovere una striscia di metallo quando si avviava l’apertura.

Per migliorare la stabilità e facilitare l’operazione, tra le due incisioni venivano aggiunti piccoli cordoni metallici che conferivano rigidità alla striscia strappata. In alcune varianti più avanzate, il sistema prevedeva quattro incisioni invece di due, permettendo di iniziare lo strappo dalle incisioni esterne e convergere verso quelle interne in caso di deviazione.

L’apertura avveniva grazie a una piccola chiave di filo d’acciaio, solitamente saldata al coperchio con una goccia di stagno. Per utilizzarla, bastava inserirla nella linguetta e ruotarla: il metallo si avvolgeva attorno alla chiave, dividendo la scatola in due metà asimmetriche e lasciando intatti il coperchio e il fondo.

Questo sistema di confezionamento era particolarmente adatto a prodotti solidi o pastosi come la mortadella e il manzo sotto sale, e veniva impiegato su contenitori di varie forme, dai cilindrici ai rettangolari.

Il manzo sotto sale, in particolare, fu uno dei primi alimenti a sfruttare questa tecnologia, con confezioni dalla forma prismatico-tronco piramidale.

L’idea dell’apertura a chiave risale al 1866, quando J. Ousterhoudt ne brevettò il meccanismo, e ancora oggi alcune lattine di carne leggera mantengono questa caratteristica.

Nel 1917, il sistema trovò un’applicazione diversa con le lattine tascabili per l’aspirina, mentre lo stesso anno vide l’introduzione delle prime lattine di caffè con apertura a chiave.

Nel corso degli anni, questo metodo è stato progressivamente sostituito da sistemi più moderni, come le linguette a strappo, ma rimane un esempio di ingegnosità nell’evoluzione del packaging alimentare.

Conclusioni e conquiste


Si conclude questa ennesima tappa del Worldwide Tour. Siamo particolarmente felici di questo episodio perché, come già accaduto altre volte, sono emersi aneddoti e curiosità che spesso trascuriamo, dando per scontati risultati e conquiste che, invece, hanno richiesto un grande ingegno e un abile sforzo ideativo per essere raggiunti.

Inoltre è importante per noi ribadire come i nostri macchinari siano sempre più apprezzati anche nell’ambito del confezionamento di carne in scatola, tanto da essere stati scelti da un’azienda tra le più importanti al mondo per la produzione del proprio prodotto di punta.

Non ci resta che darvi appuntamento alla prossima puntata, tra 15 giorni esatti!

11.03.2025